UNA VITA PARALLELA (Il Risolutore, Pier Paolo Giannubilo, Rizzoli)

Questo libro è stato un viaggio in un mondo parallelo che è esistito e che forse esiste ancora e che continua a vivere di battiti veloci e sincopati, sudori che testimoniano paure mai superate, notti insonni passate a cercare di dimenticare e tanti altri demoni che continuano a infestare l’aria.
Ho scoperto in questo libro un nuovo personaggio definito come risolutore, che non è un peacemaker, ma è quello che “risolve le situazioni nel modo più silenzioso e invisibile possibile”.

Accade che questa figura sia prima un commutatore che permuta una condanna comminatagli in servizio.
Servizio agli ordini di chi? Al “loro” servizio.
Ed è qui che si apre la porta su un mondo parallelo che ti rendi conto che esiste, anche in questo preciso momento. Un mondo che non puoi cercare di scardinare. È un mondo in cui tutto è anonimo e, anche chi lavora insieme, usa degli pseudonimi riferiti al suo aspetto o al suo passato.
Questo modo di vivere non è continuo, ma a singhiozzi: resti “dormiente” fino a quando non vieni chiamato e, nel frattempo continui a vivere la tua vita.
Finché non si arriva a un momento in cui non si capisce più quale vita sia la copertura dell’altra.

Queste esistenze plurime e parallele hanno bisogno di essere nutrite e portano, prima o poi, a dover fare i conti con le conseguenze, con gli effetti collaterali e a come placare quel demone che si agita sotto la pelle.
Ci sono vari modi per reagirvi e vanno dal dito di whisky alle aberrazioni più infime. Mi vien da chiedere da dove tutto questo possa sprigionarsi con una tale forza devastante.
In questa storia tutto sembra partire da un corpo in cui non ci si riconosce perché eccessivo e che viene bullizzato senza sosta, mentre una madre continua imperterrita a vestirlo come un damerino perbene.

La scintilla poi diventa incendio e l’incendio diventa incontenibile e ha bisogno di essere continuamente alimentato. C’è piacere in questa vita parallela, ci si sente imbattibili.
Poi, con l’età, gli acciacchi e magari con un figlio, vuoi uscirne.

Ci riuscirai sì, ma con fatica, dopo un quarto di secolo. Ti dedicherai quindi solo a una vita, la tua, cercando di rimettere a posto i pezzi del puzzle.

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